Dalla schiavitù alla libertà
Testimonianza Stefaan Zemp
Sono nato e cresciuto in una famiglia credente e praticante, io stesso credo in Dio, in Gesù, e durante tutta la mia vita, anche durante i momenti i più difficili, non ho mai avuto il dubbio della Sua esistenza.
Durante l’adolescenza ho rimesso tutto in questione, per il fatto che mi sentivo cosi diverso dagli altri interiormente e troppo peccatore per poter assumere una vita degna e giusta davanti agli occhi di Dio, la mia vita intima era intaccata, le mie pulsione, desideri, erano troppo all’opposto di qualcuno che vive una vita cristiana. Non volevo, ma facevo … Qual era il mio problema, cosi importante ad non potere parlare con le persone?
Ero omosessuale
Nella prima infanzia mi ritenevo un bambino debole, vivevo già con un sentimento d’inferiorità, forse causato da una superprotezione da parte di mia madre, forse perché mio padre non ha saputo affermarmi nella mia mascolinità o forse perché ho sentito troppo spesso: tu sei debole!
A causa di problemi di salute, non volevo praticare alcuno sport, mettendomi così sempre più da parte: mi sentivo diverso dagli altri.
Nella zona in cui vivevo, con altri due compagni eravamo i più piccoli d’un gruppo, gli altri avevano almeno 5 anni più di noi, e quando giocavamo con loro ci rigettavano e si approfittavano della loro superiorità. Eravamo obbligati, per non essere rigettati dal gruppo, a seguire quello che volevano loro. La mia identità ne stava soffrendo, ho così passavo più tempo con le ragazze che con i ragazzi, sentendomi più al sicuro.
Fino ai 4 anni, Il rapporto con mio padre era buono. Le circostanze della vita poi diventarono difficili per lui, e di conseguenza spesse volte mi trattava male; era una persona autoritaria. Mi riprendeva davanti a tutti, specialmente durante i famosi pranzi e cene di famiglia, nei quali, mi ricordo, aspettavo intensamente che mia madre o qualcun altro venisse in mio aiuto, ma senza successo.
Spesse volte ero picchiato, mi sentivo umiliato, debole, indifeso. Ero ansioso, pauroso, insicuro di me, della mia identità, ero complessato, mi mancava l’amore di cui avevo bisogno. Sentivo fortemente l’ingiustizia e la vergogna.
Ho avuto un’infanzia poco felice, anche se miei genitori hanno fatto del loro meglio. Pregavo Dio di guarirmi, aspettavo il miracolo, il cambiamento radicale.
Per finire, mi sentivo rigettato anche da Dio, vivevo con la forte impressione che Dio fosse presente per gli altri ma non per me, una parte di me si sentiva abbandonata.
Durante l’adolescenza non mi sentivo all’altezza d’essere un maschio. La pressione in me era intensa, tutto incominciava a prendere dimensioni troppo grandi, il desiderio erotico-sessuale diventava ossessivo, la masturbazione da anni praticata più volte al giorno come sollievo e consolazione era sempre più immaginativa.
Ricercavo la forza e la sicurezza in altri uomini, volevo dagli altri quello che non possedevo!
Alla fine degli studi, ho proseguito nella vita gay, dove finalmente ero qualcuno, dove ero notato, piacevo, ero desiderato, le persone come me mi capivano, potevo così finalmente ricevere amore per sentire di meno le mie sofferenze interiori.
Tutto però, piuttosto che amore, era concentrato sul sesso! Ho vissuto in un circolo vizioso per diversi anni: sesso, sollievo passeggero, insoddisfazione, sofferenze… e di nuovo sesso e cosi via. La mia frustrazione era alleviata da una dipendenza sempre più intensa.
Un giorno ho capito che questi uomini avevano gli stessi miei problemi. In fondo ognuno cercava di prendere dall’altro, ma tutti rimanevano senza ricevere! La perversione prese il sopravvento, la dipendenza sempre più morbosa, l’insoddisfazione sempre più presente.
Quando ero in discoteca o al bar c’era abbondanza di sorrisi e gioia superficiali, battute, divertimenti, alcool e droghe. Quando mi trovavo da solo, però, vivevo momenti di depressione e tristezza.
C’erano momenti in cui quando mi guardavo allo specchio mi nasceva il desiderio di diventare cieco e brutto per non più piacere a nessuno. I pianti erano quotidiani, le preghiere mi sembravano suonare a vuoto, Dio era un dio vivente solo per gli altri.
In seguito ho vissuto dei momenti d’esistenza veramente difficile, sia al lavoro, che con le mie relazioni; i due pilastri “forti” della mia vita hanno incominciato a tremare. La ricchezza materiale che avevo sempre sognato era diventata realtà, ma la mia vita non aveva alcun senso, ero in una trappola.
Anche se ho vissuto dei bei momenti come gay, ero spesso frustrato e la mia libertà si era rivelata una vera e propria schiavitù. Non ero né felice, né in pace di vivere una vita gay, avevo una certezza interiore che se non cambiavo strada, il peggio sarebbe ancora arrivato.
In quel periodo ho riscoperto Dio e la chiesa, e soprattutto, la motivazione di cambiare vita!
Questo ritorno, come il figlio prodigo, mi è costato parecchio!
Ero distrutto, segnato da numerose ferite, dal rigetto, da sofferenze interiori, ma allo stesso tempo pieno di volontà e di speranza. Dio mi ha accolto a braccia aperte.
Volevo cambiare atteggiamento, modo di pensare, essere aperto alla volontà di Dio, intraprendere un cammino nuovo cosciente che sarebbe stato impossibile farlo da solo.
Dovevo imparare a conoscere me stesso, ad avere un’identità che non fosse legata al sesso con un uomo, a vivere senza concentrarmi unicamente su me stesso e sui miei bisogni.
Vivere senza idolatria relazionale, vale a dire, fare dell’altro la fonte del mio benessere e di ciò che mi manca. Accettare e perdonare me stesso e gli altri.
Accettare di maturare, perché avevo capito che il processo di maturazione era stato bloccato troppo presto, avere il coraggio di affrontare nuove sfide, esplorare nuovi campi.
Dopo questo periodo, è nato in me il desiderio di avere una ragazza, sposarmi, avere una famiglia, di scoprire amicizie maschili non erotiche. Ho imparato a rimettere in questione i miei pensieri, riconoscere quando agisco spinto dalla paura, a stare attento ai vecchi modelli di vita e imparare nuove abitudini.
Voglio trasmettere le cose buone della vita, non credere alla bugia che l’omosessualità sia genetica, o che si nasce così e dunque che non c’è alcuna possibilità di cambiare!
Uscire dall’omosessualità vuol dire riappropriarsi della propria identità di genere e vivere consapevoli della propria mascolinità. Un cammino lungo e difficile, ma che ne vale la pena intraprendere!
Mi sono sposato nel 2001 e ho 3 figli.